[Video, 1996] "Catrame", spettacolo, 1996
Corporate Body
Content
4 VHS:
VHS 1 (022): Tutto il girato 8 mm "Catrame" (durata: 00:47:55);
VHS 2 (073-CT): "Catrame", Opificio Ciclope (durata: 01:12:39);
VHS 3 (101-CT): "Catrame", primo montaggio Opificio (durata: 00:11:59);
VHS 4 (143-CT): "Catrame", Teatro Petrella, 19 aprile 1996 (durata: 00:42:39).
Place Of Detection
Date Issued
April 19, 1996
Abstract
"Catrame" ispirato alla Mostra delle atrocità di James G. Ballard. Regia: Enrico Casagrande. Scene e suoni: AZT. Immagini: Barbiturici. Grafica e collegamenti: Daniela Nicolò. In scena: Giancarlo Bianchini, Enrico Casagrande, Daniela Nicolò, David e Cristina Zamagni. Longiano, Teatro Petrella, 19 aprile 1996. "L’unico spettacolo è dato dall’attesa e dallo sforzo… concentrato nella posizione dello scatto il corpo non ha sbocchi, non ha dove dirigersi…" G. Deleuze (da ” La logica della sensazione”).
Catrame è ispirato e dedicato a La mostra delle atrocità di James G. Ballard, scrittore di fantascienza che ha indagato le trasformazioni della società moderna e la comunicazione mediatica. La scelta di lavorare su un autore contemporaneo deriva dalla necessità avvertita dal gruppo in quegli anni, di interrogarsi su un mondo in veloce cambiamento, su un rapido boom delle tecnologie che stava alterando completamente il rapporto dell’uomo con l’esterno. Nasce così l’idea di costruire una scatola di plexiglas di otto metri per tre in cui racchiudere il corpo dell’attore, un corpo che diviene macchina, strumento. L’intera performance si svolge all’interno di questo box trasparente, rifrangente e abbagliante in cui le percezioni visive e auditive vengono sprigionate in maniera scomposta, alterata, sincopata. Un uomo nudo coperto di perizoma, protezioni a ginocchia e gomiti, un collare borchiato, e scarpe da ginnastica compie movimenti spasmodici, violenti, aggressivi contro la struttura nella quale è rinchiuso. Schianti contro le pareti, brusche cadute sul pavimento. Un altro uomo e una donna si introducono nello spazio trasparente. Lei fotografa i movimenti e le espressioni dell’attore e poi gli mostra delle polaroid istantanee. Lui si accanisce contro il corpo dell’attore con frustate, calci, pugni. Al centro di tutto vi è il corpo: un corpo che viene fotografato (ancora una volta la presenza estranea dell'”occhio belva”) e compromesso. Il lavoro sul fisico e del fisico è sconcertante. Gli atteggiamenti violenti oscillano tra le più sadiche immagini fetish e i più sacri simboli cristologici. Tuttavia questa attenzione e violenza sul corpo del trans-attore non appare solo provocata dall’esterno (i due intrusi) ma è anche autoreferenziale, tutta interna al protagonista che si autoinfligge costrizioni e torture. Ridendo. Se tutta l’operazione rimanda a molte esperienze della body art, per certi versi se ne allontana proprio grazie a questo sorriso, sfacciato e sfrontato, a dimostrazione che non vi è nulla di tragico, nulla di serio, ma una grande ironia. Vengono alla mente le immagini di "Crash" di Cronemberg, il film in cui i protagonisti provavano piacere a ferirsi durante incidenti d’auto: ogni lesione diveniva motivo di vero e proprio orgasmo collettivo. Qui, il sadomasochismo diviene autolesionismo attraverso gesti violenti perpetrati sulla propria carne. Allo stesso tempo il corpo maschile diviene femminile: tacchi a spillo ai piedi, rossetto alle labbra. Ma non ha senso parlare di generi poiché quello che si vede è semplicemente un corpo, dalla esasperata, ambigua, promiscua ma soprattutto neutra sessualità. Un corpo in mutamento o mutazione che rimanda alle più sfrenate sperimentazioni dell’arte visiva, della performance, della body art. Un corpo post-organico che prende ispirazione dal vidoclip e dalla fantascienza, dalla pittura di Bacon e dalle profezie mediologiche di Baudrillard. Il plexiglas della scatola invita a una fruizione mediata – quasi ovattata – dello spettatore che si sente in qualche modo difeso, ma che si trasforma in voyeur che scruta una vetrina dietro alla quale è esposta la mostra delle atrocità. Luci strobostopiche e distorti suoni di musica techno enfatizzano la claustrofobia e tutto lo spettacolo si esplica in una straziante ed ironica modificazione sincopata della realtà postmoderna. (Presentazione cura di Patrizia Bologna).
License
CC BY-ND
File Type
Video
Physical Type
Registrazione video
Audio/Video File Encoding
video/mp4
Physical Description Of The Medium
Video VHS
Preservation Status
buono
Preservation Status Notes
Collocazione: Archivio Bisulli 022, 073-CT, 101-CT, 143-CT